Non si scoprono nuovi oceani senza il coraggio di perdere di vista la riva.
Escursione è una parola che deriva dal verbo latino excurrere, con il significato di “correr fuori”.
L’ingegnoso e intrepido escursionista inglese, William Brockedon, ne parla come di un vagabondare con calma, senza affanno, affrontando fatiche e disagi, alla ricerca di ambienti genuini e incontaminati, di bellezze naturali, di sensazioni profonde.
Perché si decide di “correr fuori”? Cosa c’è alla base della scelta di esaminare attentamente un luogo, di perlustrarlo, di percorrerlo e di viverlo?
La risposta è insita nella naturale tendenza dell’essere umano a progettare, affrontare e superare le sfide con se stesso, con gli altri, con l’ambiente.
La psiche dell’escursionista brama la scoperta di nuovi territori, che spesso spinge verso la più straordinaria rivelazione di se stessi mettendo a nudo i propri limiti e le proprie capacità; cosi come il corpo dell’escursionista agogna la sua originaria congiunzione con la natura, che gli consentirà di utilizzare al meglio le sue capacità razionali, ma soprattutto di recuperare e avvalersi di quelle irrazionali e più istintuali.
L’immergersi nella natura è una delle vie regie verso la conoscenza di sé.
Esiste un’opera letteraria magistrale che sintetizza i significati reali e simbolici legati al tema del viaggio avventuroso: l’Odissea di Omero. Il viaggio di Ulisse è un viaggio di ritorno dalla guerra di Troia alla sua Itaca.
Quindi il viaggio può essere valutato nella sua circolarità, inizio, tappa intermedia, ritorno…ove emerge soprattutto la finalità della meta: il raggiungimento di un obiettivo.
Rivedendo attentamente la vicenda di Ulisse, si annota che il viaggio non può constare solo nell’approdo al porto finale, ma piuttosto nel superamento di mille pericoli, impedimenti, prove e nella verifica di mille esperienze.
Il viaggio diventa test di conoscenza.
L’Odissea rivela anche un singolare assortimento di espressioni nel carattere dell’ ”escursionista” Ulisse: la tenacia nel sopportare le avversità naturali, l’astuzia nell’aggirare pericolosi imprevisti, l’ardire nel superare la sfera del conoscibile, l’eroismo ed l’audacia fisica, il sapore del rischio e dell’avventura.
Dunque il significato del viaggio avventuroso è soprattutto nel suo percorso: la meta può realizzarsi in modo inaspettato e talvolta può addirittura dileguarsi, ma deve essere perennemente inseguita… e infine sarà raggiunta, scoprendo poi che non era così lontana dal Se.
Esplorare un territorio non ancora conosciuto, ma in qualche modo presagito, implica inevitabilmente una trasformazione: un apprendimento che è crescita verso forme più evolute.
Si impara a superare la paura di perdersi, il timore dell’incontrollabilità e l’attaccamento al mondo artificiale.
Procedere lentamente nella natura, accettare gli imprevisti, guardare con occhi nuovi quanto ci era sfuggito è un modo per perdersi e ritrovarsi diversi: la connessione mente-corpo-ambiente è preludio di uno stato di armonia in cui tutto si svolge in maniera fluida, pressoché inconscia e spontanea.
L’esploratore è un frammento della natura nel dominio della natura stessa.
BE CURIOUS,
STAY ACTIVE,
THINK ADVENTURE.
Dott. Max Moscato
Presidente Pugliavventura
Dott.ssa Angelica D’Amico
Esperta in psicologia clinica e dinamica
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